
Milano, 24 magazine. (Adnkronos) – Un’azienda familiare varesina su quattro ha un chief ultrasettantenne, mentre una su sei ha una guida di età inferiore ai 50 anni. Lo rivelano i dati dell’Osservatorio Aub (Aidaf, Unicredit, Bocconi), emersi nel corso dell’incontro-confronto dal titolo “Da bonsai a baobab” organizzato a Varese da Financial system, il settimanale economico diretto da Sergio Luciano. Un’occasione in cui una selezione delle aziende della provincia di Varese ha dibattuto sui temi dello sviluppo e della transizione generazionale. Innovazione e continuità sono le due parole chiave emerse nell’incontro: l’economia del territorio deve guardare advert una solida continuità aziendale e urge di “imprenditori-salmoni”, come li definisce Giovanna Voltolina, mid-cap investor.
“Il tema –spiega Giovanna Gregori consigliera delegata di Aidaf– è il dato anagrafico: più di 1 chief su 4 (26,7%) ha oltre 70 anni e il 27% ha un’età tra i 60 e 70 anni. Solo il 16,8% delle aziende familiari lombarde ha un chief con meno di 50 anni, dato che si è peraltro dimezzato nel corso degli ultimi 10 anni, passando dal 28,2 del 2010 al 16,8% del 2020”. Gregori aggiunge, a riprova di questo progressivo ‘invecchiamento’, che “dall’Osservatorio emerge che solo 1 su 3 ha un consigliere d’amministrazione ‘below 40′, mentre 2 su 3 non ne hanno, un dato peggiorato, che è passato dal 55% circa del 2010 al 73,4% del 2020”, sottolinea. Un altro numero oggetto di riflessione, secondo la consigliera, è quello della presenza delle donne alla guida delle imprese del territorio, nei CdA ancora limitata: “sono assenti in quasi il 50% delle Pmi lombarde, senza alcuna variazione significativa nell’ultimo decennio”, conclude.
A proposito di questi numeri, “non c’è crescita, sociale ed economica -ha detto Martina Giorgetti, presidente del gruppo giovani imprenditori di Confindustria Varese- senza innovazione”. Giorgetti continua: “Come movimento sosteniamo le aziende nelle grandi transizioni che stanno interessando la manifattura: quella verso un’economia e sistemi di produzione più sostenibili e quella digitale”. E aggiunge: “È sicuramente questa la chiave di lettura giusta per interpretare gli scenari futuri a cui le imprese andranno incontro nei prossimi decenni”.
In materia di investimenti in innovazione gli ultimi dati del Centro Studi di Confindustria Varese: nel 2022 il 43% delle aziende del territorio ha realizzato almeno un investimento in digitalizzazione una soglia che, secondo le previsioni, verrà confermata anche quest’anno con una quota del 44%. In tema di sostenibilità ambientale, invece, nel 2022, il 37% delle aziende ha effettuato almeno un investimento. “Per il 2023 ci aspettiamo che a crescere siano soprattutto gli investimenti inexperienced nelle Pmi – spiega Giorgetti- Nelle realtà piccole si passerà da una quota del 23% del 2022 advert un 30% quest’anno. Per le medie il balzo in avanti sarà di tre punti percentuali: dal 56% al 59%” .
Ma a leggere i dati, l’esigenza della provincia di Varese – caratterizzata, un po’ come tutto il territorio italiano, da una marcata ricchezza di aziende familiari – è anche una visione lungimirante che assicuri una solida continuità aziendale, oltre la generazione del fondatore ed una governance che permetta la costante crescita dell’impresa anche oltre i confini del territorio. Le 3.561 le aziende familiari lombarde, delle quali parte importante è localizzata nella provincia di Varese, generano insieme un fatturato di 319 miliardi di euro ed impiegano 1,2 milioni di dipendenti (il 57,8% sul totale).
Il territorio della provincia di Varese è decisamente interessante anche in termini potenziale di attrattività di personal capital, fonte d’investimento che forse ancora guardato con troppo timore dagli imprenditori “un po’ perché si ritengono soddisfatti delle dimensioni raggiunte –spiega Giovanna Voltolina mid cap investor- un po’ anche perché temono l’ingresso di un investitore internazionale che possa ‘scippargli’ il controllo, non comprendendo invece che un buon associate finanziario oltre che i capitali può apportare understand how organizzativo, governance e capacità di competere con successo su mercati allargati”. Il tema è dunque –are available in un matrimonio, aggiunge Voltolina– la scelta del “giusto associate” mentre agli imprenditori varesini che mirano alla crescita, solida, ricca e transgenerazionale della propria azienda, dà un consiglio in ‘quattro parole’: crescita, innovazione, margini e salmone.
L’obiettivo numero uno di un’azienda, che sia piccola medio o grande deve essere sempre la crescita, costruita su basi sane in termini di rapporto investimenti/fatturato e con un piano a lungo termine (e non invece, come talvolta accade, con una visione a 3 o 6 mesi). Le aziende, poi, devono essere promotrici di progetti di innovazione al loro interno: la pmi deve essere essa stessa incubatore di idee e progetti che, in seno a essa medesima, possano confrontarsi con la quotidiana operatività e non applicarvisi come modelli teorici. Un’azienda per poter rimanere competitiva nel tempo sul mercato deve esprimere margini adeguati, che riflettono in maniera molto semplice se il modello di enterprise funziona. Infine, differenziarsi non è peccato, anzi: la vera natura dell’imprenditore è questa, come un salmone, nuota controcorrente, opera e lavora in maniera originale e contro abitudini, consuetudini e schemi.
Quindi io penso, conclude Voltolina, che per essere attrattivi “agli occhi di un investitore che non voglia soltanto parcheggiare in un’azienda il proprio capitale” per poi raccoglierne (finché ce ne sono) i frutti a high quality anno, bensì a quelli di un mid-cap investor, che intenda “supportare l’azienda nella propria governance e organizzazione, anche verso i mercati internazionali per una crescita solida e marcata”. Quindi, sottolinea, “meglio essere un salmone, piuttosto che una trota di allevamento, che ingrassa (fintanto che può), seguendo i development invece che innescarli, nel suo laghetto, ma pur sempre lì rimane”.