ROMA. Non possono programmare nulla. Tutto è bloccato in Rai. E così i direttori dei generi sono costretti a prorogare discuss present e trasmissioni fino al 30 giugno, in attesa di capire cosa succederà ai vertici, quando la presa sovranista del palazzo televisivo pubblico advert opera di Giorgia Meloni avrà finalmente luogo. «A ottobre manderanno in onda il monoscopio», ironizzano i dirigenti scivolando nell’amarezza. Sembra ormai certo che i prossimi palinsesti verranno illustrati a luglio, dunque più in là rispetto alla knowledge – il 28 giugno – prevista per la presentazione agli inserzio nisti. Al momento non è possibile pianificare nulla del futuro. Come si period più volte detto, l’amministratore delegato Carlo Fuortes, con l’approvazione del Bilancio, avrebbe dovuto cedere il passo al nuovo advert. Non è ancora avvenuto. Saltata l’ipotesi della sovrintendenza della Scala di Milano, il supervisor non schioderà finché non avrà certa la sua destinazione. Vuole il San Carlo di Napoli. Ci sta lavorando il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, ma serve una norma che richiede tempo, per costringere all’addio l’attuale sovrintendente Stéphane Lissner, poco gradito dall’ex direttore del Tg2.
Oppure si potrebbe agire diversamente. Giovedì è prevista l’assemblea dei soci. L’articolo 29, comma 2 dello Statuto recita: «L’advert resta in carica per tre anni dall’atto di nomina salva la facoltà di revoca da parte del Consiglio di amministrazione, sentito il parere dell’assemblea». Occorre la volontà dell’azionista, vale a dire il Mef, e della maggioranza dei sette consiglieri del cda. Dunque uno strumento tecnico per spingere fuori Fuortes esiste. E al governo ci stanno pensando, come confermano fonti di FdI. Una possibilità che non period stata ancora presa in considerazione per non compromettere il lavoro sui palinsesti, ma che sarà valutata in caso di ulteriori resistenze dell’advert.
Grande preoccupazione in merito la esprime Giancarlo Leone, che per trent’anni ha ricoperto ruoli apicali a Viale Mazzini. Oggi è il presidente dell’Associazione produttori audiovisivi ed è molto preoccupato dalla palude in cui è finita la Rai. Uno stallo che complica ogni concept di investimento. Leone chiede un intervento urgente da parte dell’azionista, il ministero dell’Economia, che appunto ha in tasca la possibilità di una norma per forzare l’uscita di Fuortes: «Tutto è incredibilmente fermo – si indigna Leone -: progetti di produzioni esterne e interne, fiction, documentari, animazione, intrattenimento. Tutto. Occorrono mesi di preparazione solo per siglare accordi di coproduzioni e per partire con i progetti. Il rischio di non andare in onda a ottobre è altissimo. A noi non interessa se e chi guiderà in futuro l’azienda, noi chiediamo che la situazione si sblocchi subito senza aspettare soluzioni al vertice che evidentemente non ci sono. Quando c’è un’amministrazione che governa la Rai, questa non si può fermare. Invece è così». È incredibile ma vero che il destino della television pubblica sia appeso alla prossima occupazione di Fuortes. Ma c’è dell’altro. I partiti della maggioranza litigano. La destra è spaccata, e l’atteggiamento di Fuortes – fermo lì al suo posto – può tornare utile, perché ancora mancano molti accordi politici. Per esempio sul Tg1. Su questo giornale è stata già raccontata la faida sovranista contro il direttore dell’AdnKronos Gian Marco Chiocci. Meloni lo vuole a Rai1, ma Palazzo Chigi non ha ancora imposto la sua volontà alla fronda interna all’azienda. Altri veleni tra amici: dentro FdI si parla di un interessamento eccessivo di Matteo Salvini per Monica Setta. Ha già troppi programmi, dicono gli uomini di Meloni. La Rai meloniana nasce nel caos.